Più sane le galline, più sane le uova!

Seconda parte: il vero benessere delle galline.

Nell’articolo precedente, vi abbiamo parlato di due tipi di allevamento intensivo delle galline:
le galline allevate massivamente in gabbia
le galline allevate massivamente a terra

Questa volta vi parliamo di altri due tipi di allevamento di questi animali:
galline allevate all’aperto
galline allevate all’aperto col metodo biologico

Apparentemente, in entrambi i casi, non sembrano esserci differenze.
In realtà ci sono, eccome.

Riprendo per semplicità e chiarezza lo schema della Direttiva 2002/4/CE, che a sua volta applica quanto previsto dalla Direttiva 1999/74/CE, che stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaiole.

Questa è la tabella relativa al codice di identificazione del tipo di uovo e quindi della metodologia di allevamento ad esso collegata:

GABBIA TERRA APERTO BIOLOGICO
CODICE 3 2 1 0
DENSITA’ 13 galline per m² 9 galline per m² 9 galline per m² 6 galline per m²
SPAZI ESTERNI NO NO 4 galline per m² 4 galline per m²
NUMERO CAPI Nessun limite Nessun limite Nessun limite 3.000 per capanno

Apparentemente sembrano esserci poche differenze tra il metodo di allevamento all’aperto e quello all’aperto biologico.

Vediamo però più da vicino le due metodologie di allevamento.

1. Allevamento all’aperto convenzionale

Come per l’allevamento intensivo a terra, non si possono superare 9 galline per mq. Lo spazio all’esterno del capannone deve poter accogliere almeno 4 galline per mq.

Per quanto riguarda invece la quantità dei capi non c’è alcun limite.
Se ho a disposizione un capannone lungo 200 mt e largo 15 mt, equivalente a 3.000 mq, potrò allevarvi 27.000 galline.

Che resta un numero molto elevato: ancora una volta siamo di fronte ad un metodo di allevamento assolutamente intensivo!
Con poche differenze rispetto a quello intensivo a terra al chiuso.

Contestualmente dovrò disporre di uno spazio all’esterno del capannone e contiguo ad esso, di 6.750 mq.
In effetti, pur restando un metodo di allevamento intensivo, almeno in questo caso gli animali possono uscire, limitatamente, all’aria aperta e godere della luce del sole!
Quella che sarebbe una condizione assolutamente normale per qualsiasi essere vivente, diventa in questo caso una sorta di privilegio!

Resta tuttavia aperta tutta la partita del mangime che viene dato a questi animali.
Si tratta, come per il caso dell’allevamento intensivo in gabbia e dell’allevamento intensivo a terra, di mangime altamente proteico.

Fatto elaborando al computer, sulla base dell’andamento dei costi delle commodity sui mercati nazionali ed internazionali, il mix più conveniente economicamente.
Le commodity sono soprattutto la soia, seguita dal girasole e dai cereali vari.

L’uso massivo della soia, soprattutto nell’allevamento degli animali in generale, è paradossalmente alla base della deforestazione dell’Amazzonia!
Il Brasile ne è infatti uno dei massimi produttori ed esportatori: 86,8 milioni di tonnellate, su una produzione mondiale di 360,9 milioni di tonnellate, subito dopo gli USA.

Si tratta di un risvolto curioso, ma drammaticamente reale, del famoso “effetto farfalla”.
Allevare in modo intensivo le galline in Italia provoca direttamente la deforestazione delle foreste amazzoniche in Brasile.

Che vengono abbattute per fare spazio alla coltivazione della molto più redditizia soia!
Ma torniamo ora alle nostre galline allevate all’aperto.

In pratica si stabiliscono dei valori tabellari ottimali di proteine, grassi, sali minerali, vitamine, ecc. per assicurare all’animale un regime alimentare che porti le sue “prestazioni” di produzione delle uova ai massimi livelli consentiti dalla specie.
Si ritorna anche qui al concetto di macchine bioniche!

2. Allevamento all’aperto secondo il metodo biologico

In questo caso il numero di animali ammessi per mq scende da 9 a 6 galline.
Lo spazio esterno è sempre di almeno 1 mq per 4 animali.
Ma la differenza più significativa è il numero di galline ammesse per capannone: al massimo possono essere 3.000 galline.

E qui si inserisce con forza il concetto di benessere animale.
Facendo le dovute proporzioni e, seguendo necessariamente un punto di vista antropocentrico, l’allevamento intensivo, sia esso in gabbia, che a terra e all’aperto, con l’ammasso di 30.000 o addirittura di 50.000 galline in un solo capannone, equivale a tutti gli effetti al vivere umano in una grande metropoli.

Con tutti gli inconvenienti delle grandi metropoli: sovraffollamento eccessivo, inquinamento dell’aria, inquinamento da rumore, stress esistenziale, nevroticità dei comportamenti, ecc.

Nel caso dell’allevamento secondo il metodo biologico, con un numero massimo di 3.000 galline per capannone, rappresenta l’equivalente umano del vivere in una piccola cittadina.
Dove non sono presenti gli inconvenienti della metropoli, e dove addirittura ci può essere un rapporto ed una conoscenza personale tra molti dei soggetti che la abitano.
Anche gli animali conoscono e riconoscono i loro simili, ma evidentemente solo in contesti dove il loro numero sia limitato, esattamente come per noi umani.

Ma sempre nell’allevamento con il metodo biologico ci sono altri importanti elementi di differenziazione rispetto alle 3 metodologie di allevamento intensivo.

L’allegato III della legge del biologico, il Regolamento 889/2008 (CE), in applicazione del Regolamento 834/2007 (CE), pone ulteriori condizioni da rispettare per il benessere delle galline ovaiole:

a) Ogni animale deve avere 18 cm di trespolo su cui alloggiare;

b) Ogni 7 galline deve esserci un nido, e nel caso di nido comune, ogni gallina deve disporre di almeno 120 cmq;

c) Resta come nell’allevamento intensivo la regola che ogni 4 galline devono disporre, a rotazione, di 1 mq all’aperto.

Ma è rispetto a quest’ultimo punto c) che si mostra la totale differenza dell’allevamento biologico rispetto alle altre 3 metodologie di allevamento intensivo citate sopra.
L’allegato IV dice che ogni ettaro dell’allevamento biologico può ospitare un massimo di 230 galline!

Quindi se ho un capannone con 3.000 galline, devo disporre di un appezzamento di almeno 13 ettari.
Questo aspetto non è solo direttamente afferente al benessere degli animali, ma all’aspetto più generale, del metodo biologico, della sua attenzione per la salvaguardia del territorio.

Si parte dall’assorbimento medio di un terreno, che è di 170 kg N (azoto)/ettaro/anno, per definire, su tale base e in rapporto alla defecazione della specie animale, galline in questo caso, il numero massimo di animali che un dato terreno può ospitare.

Rispettando tale numero, si ha la certezza che il terreno assorbirà tutte le deiezioni dell’animale in questione, senza che avvengano inquinamenti di falde freatiche, corsi d’acqua attigui all’allevamento, ecc.

Se questa metodologia dell’allevamento biologico la confrontate con gli allevamenti intensivi, appare in tutta la sua gravità la devastazione ambientale e l’inquinamento massivo che questi causano!

Cito integralmente, a questo proposito, il punto 8 delle premesse del Regolamento biologico 889/2008 (CE):

L’approccio olistico dell’agricoltura biologica richiede che la produzione zootecnica sia legata alla terra, poiché il letame prodotto viene utilizzato come concime per la produzione vegetale.
Poiché l’allevamento implica sempre la gestione delle terre agricole, è necessario prevedere il divieto della produzione animale «senza terra».
Nell’ambito della produzione biologica animale è necessario che la scelta delle razze da utilizzare tenga conto della loro capacità di adattamento alle condizioni locali, della loro vitalità e della loro resistenza alle malattie; occorre inoltre incoraggiare una grande diversità biologica.

E al punto 12:

Per evitare l’inquinamento delle risorse naturali come il suolo e le acque causato dai nutrienti, occorre fissare il quantitativo massimo di letame che può essere utilizzato per ettaro, nonché il numero massimo di capi per ettaro.
Tale limite deve tener conto del contenuto di azoto del letame
.”

Che è esattamente quello che poi emerge dall’allegato IV che vi ho citato in precedenza.
Ma torniamo ancora all’aspetto che più mi sta a cuore: il benessere delle galline.

Al punto 10, sempre nelle premesse del Regolamento biologico, si dice:

L’allevamento biologico dovrebbe garantire il rispetto delle esigenze comportamentali specifiche degli animali.
In proposito, per tutte le specie, è necessario che i locali di stabulazione rispondano alle necessità degli animali in materia di aerazione, luce, spazio e benessere e occorre pertanto prevedere una superficie sufficiente per consentire a ciascun animale un’ampia libertà di movimento nonché per sviluppare il comportamento sociale naturale dell’animale. Occorre definire le condizioni di stabulazione specifiche e le pratiche di allevamento di determinati animali, comprese le api. Tali condizioni di stabulazione specifiche devono garantire un livello elevato di benessere degli animali, una delle priorità dell’agricoltura biologica, e per questo motivo possono andare al di là delle norme comunitarie in materia di benessere applicabili all’agricoltura in generale. Le pratiche di allevamento biologico devono consentire di evitare un accrescimento troppo rapido dei volatili. Occorre pertanto stabilire disposizioni specifiche destinate a prevenire i metodi di allevamento intensivi.

E ancora al punto 13:

È necessario vietare le mutilazioni (taglio del becco nel caso delle galline) che provocano negli animali stati di stress, danno, malessere o sofferenza. Tuttavia, alcune operazioni specifiche essenziali per determinati tipi di produzione o necessarie per motivi di sicurezza degli animali o degli esseri umani possono essere autorizzate assoggettandole a condizioni rigorose.”

Al punto 14:

Il bestiame deve essere alimentato con erba, foraggio e mangimi ottenuti conformemente alle norme dell’agricoltura biologica, provenienti di preferenza dall’azienda dell’allevatore e adeguati ai bisogni fisiologici degli animali. Inoltre, per poter sopperire alle esigenze nutrizionali di base degli animali, può essere necessario ricorrere ad alcuni minerali, oligoelementi e vitamine, impiegati in condizioni ben precise.”

Al punto 16:

La gestione della salute degli animali deve mirare soprattutto alla prevenzione delle malattie. Occorre inoltre prevedere misure specifiche in materia di pulizia e disinfezione.”

Al punto 17:

Nell’ambito dell’agricoltura biologica non è consentito l’utilizzo preventivo di medicinali allopatici ottenuti per sintesi chimica (leggi antibiotici). Tuttavia, in caso di malattia o di ferita di un animale che necessiti un trattamento immediato, l’uso di tali medicinali allopatici deve essere limitato allo stretto necessario. Inoltre, per garantire l’integrità della produzione biologica per i consumatori, in questi casi dovrebbe essere prevista la possibilità di adottare misure restrittive quali il raddoppiamento del periodo di attesa successivamente all’utilizzo di tali medicinali.”

Se confrontate tutte queste affermazioni, volte in sintesi a salvaguardare un vero benessere animale, con la cruda realtà dell’allevamento intensivo, è come fare un paragone tra l’acqua santa e il diavolo!

La comunità europea ha recentemente e finalmente preso in considerazione il benessere animale, tanto da avere realizzato una Relazione Speciale n. 31/2018 intitolata: “Il benessere degli animali nell’UE: colmare il divario tra obiettivi ambiziosi e attuazione pratica”. Potete scaricarla sia in formato Htlm, sia in Pdf e in una delle 23 lingue che sono disponibili.

Che dire, se non che si operi, in ambito della Comunità Europea, secondo quanto si afferma, nella Relazione Speciale citata, al punto IX della premessa:

La Corte formula raccomandazioni alla Commissione affinché migliori la gestione della politica in materia di benessere animale. Le raccomandazioni della Corte riguardano il quadro di riferimento strategico per il benessere animale, orientamenti e provvedimenti esecutivi più efficaci per assicurare la conformità, azioni per rafforzare i collegamenti tra il sistema di condizionalità e il benessere degli animali, nonché azioni per agevolare il conseguimento degli obiettivi di benessere animale attraverso la politica di sviluppo rurale.”

Dobbiamo vigilare, tutti insieme noi cittadini di questa Unione Europea, affinché le affermazioni di principio si traducano in fatti reali!

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